Professore,
scrivo queste righe per dirle quello che a voce proprio non posso. Pudore? Riserbo? Vergogna?
Tutto questo insieme. Niente musica, questa volta. Solo io. In queste ultime settimane è arrivato inatteso, imprevedibile e assai scomodo scompaginameto nella mia vita quotidiana. Da un violoncello di fila, affascinante e riservato. I sintomi? Quelli che accompagnano dall' epoca della scuola, quando il compagno di banco era bersaglio di inconsueti turbamenti interiori, batticuori, rossori, mancanza di controllo, reazioni inspiegabilmente aggressive, voglia di stringere grandi mani dalle dita lunghe e dalle unghie rosicchiate, baciandole con devozione. Tutti sintomi allarmanti, per chi,
- come me- ci aveva perso l' abitudine. Dopo questi primi, innocenti indizi, è spuntata la paura. Di espormi oltre il lecito e rendere visibile la mia intimità.
Per contratto dovevo innamorarmi del teatro. Mi sono innamorata di lei. Non rida, la prego. A quarant' anni, ammetterlo non è semplice. E' successo a me. Ma ora deponga l' archetto. cancelli la poesia del suono del suo violoncello, abbandoni quei sorrisi che stregano. Torni anonimo, al suo leggio. E abbia pazienza. Mi passerà lo so.
C.
1 commento:
Piacevole questo stile di scrittura
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