sabato 23 febbraio 2008

Auguri valligiani!

Mi vergogno per voi cari "amici" della mia provincia di nascita, mi vergogno perchè voi non avete nemmeno la coscienza per poter anche solo pensare al verbo della vergogna, farabutti ecco quello che siete e non è nemmeno il termine giusto in verità.
Daltronde cosa si può pretendere da chi ha vissuto di bracconaggio, da chi lo sparare a un cane è la normalità e da chi ai propri figli non ha saputo insegnare che i gatti non sono il bersaglio per una fionda, mi ricordo ancora la vostra onnipotenza a far questo...Tanto è solo un animale no?
E allora che gli animali si rivoltino contro le bestie una volta tanto, che quando ve li cucinate e ve li mangiate, magari al crotto, insieme alla polenta mangiatevi anche i pallini di piombo che sono usciti dalle vostre cartucce, son roba che avete pagato no? Non si spreca niente...
Auguri valligiani!!!


Lasciati morire nel lager degli animali PONTE A VALTELLINA (Sondrio)



Centro Recupero Fauna Selvatica, 18 mila metri quadrati in Alta Valtellina. Lo annuncia un cartello all’ingresso. Qui, ufficialmente, si prendono cura degli animali. Ma per molti di loro l’ingresso nella struttura, della Provincia, è solo l’inizio di un incubo che li porta spesso, troppo spesso alla soppressione. «Le cure sono superficiali, inadeguate, non sufficienti», spiegano le Guardie Forestali, che nei giorni scorsi hanno aperto un’inchiesta. Rapaci dichiarati idonei a riprendere il volo precipitano al suolo; cervi, colpevoli di aver ricevuto durante la degenza l’imprinting dell’uomo e quindi non idonei a riacquistare la libertà, macellati e la carne venduta all’asta. Una lager senza controlli sanitari e reso più inquietante se si considera che tutto ciò avviene in un centro recupero animali selvatici. Ufficialmente il Centro, non riconosciuto dalla Regione Lombardia, ospita numerosi animali selvatici soccorsi da contadini, animalisti, cacciatori e da agenti della polizia provinciale. C’è di tutto, dagli ungulati (caprioli, cervi, camosci) ai rapaci. Esemplari con patologie tali che se non curate dall’uomo li porterebbero a dolorose agonie. La struttura, come le altre 5 autorizzate in Lombardia, non è aperta al pubblico. La situazione, tra le «mura» del Centro, è di incuria e degrado. Nessuno durante il giorno si prende cura degli animali. Ad accedere al ricovero è solo il custode che porta il cibo agli animali, che poi restano abbandonati a se stessi. I primi sospetti di maltrattamento erano affiorati già alla fine del 2006 quando uno splendido gufo reale era stato trasferito d’urgenza presso il centro recupero del Wwf di Valpredina nella bergamasca. Al rapace, che per settimane non aveva ricevuto cure veterinarie: veniva accertata una frattura scomposta di vecchia data con necrosi dei tessuti. Per poterlo strappare alla morte si è amputata una parte dell’ala. «Se lo avessero curato - spiega Gianluca Cavallari il veterinario del centro bergamasco - avrebbe potuto essere recuperato. Adesso non potrà più volare». Per legge, tutti gli animali di un centro di recupero devono essere identificati, norma non rispettata nel centro valtellinese. Lo dimostra il fatto che lo scorso anno almeno due grossi cervi maschi ristabiliti e quindi pronti per la libertà sarebbero stati soppressi e la carne venduta all’asta, perché hanno troppo familiarizzato con l’uomo il che avrebbe reso più difficile il loro reinserimento in natura. «Nel nostro centro - ci tiene a sottolineare Maria Ferloni, tecnico faunistico e vice comandante della Polizia Provinciale - abbattiamo solamente gli animali che per il veterinario presentano patologie incurabili». Ma secondo le indagini della Forestale non è così. Un altro episodio risale ad alcune settimane fa. La Provincia, forse per cercare di tacitare le critiche di animalisti e volontari, decide di pubblicizzare la liberazione di un gufo reale curato nel Centro. Il rapace era stato dichiarato guarito. Ma il gufo, dopo un breve volo, è precipitato al suolo. Recuperato dalla polizia provinciale di Lecco, è stato trasferito al centro Wwf di Valpredina. E qui, ancora una volta, gli esami clinici hanno fornito un quadro allarmante. Il gufo aveva la frattura intercondilodea completa, la lussazione radio ulnare con rottura legamentosa: il suo recupero è compromesso per sempre. Al Centro oggi sono ospitati una decina di piccoli di caprioli, una cerva e un camoscio. Nel corso di una visita si è potuto osservare quale sia lo stato di abbandono dell’infermeria. Sul tavolo operatorio vi sono sacchi di pane raffermo e stracci. Nel dicembre scorso era stato sequestrato, e trasferito al centro, un capriolo che per dieci anni aveva vissuto con un pastore, che lo aveva chiamato Luigi, anche se femmina, «l’ho trovato il giorno si San Luigi». L’animale salvato a pochi giorni di vita era stato accudito con amore, era «uno di famiglia», come racconta chi lo ha salvato da sicura morte. Ma la legge impone la denuncia erntro 48 ore. Cosa che non era stata fatta. Di qui, dopo 10 anni, il sequestro del capriolo e il trasferimento al Centro. Una decisione disastrosa. Luigi sta male, vive prigioniero in una specie di bunker in cemento armato. In due metri quadrati di sporcizia, il fetore è insopportabile, invaso dalle mosche. Luigi ha macchie biancastre sul corpo. Secondo la Veterinaria Monica Corvi l’animale è affetto da patologie legate al cambio del manto, ma il suo stato fisico e il suo lamento continuo, quasi un pianto, potrebbe significare che si sta lasciando morire. Di crepacuore. Solo e abbandonato tra fredde pareti di cemento, senza raggi del sole, senza il verde dei boschi. Senza l’affetto che per anni lo aveva circondato. Occorre fare in fretta. (La Stampa)

"Colui che non rispetta la vita, non la merita"

"L'uccisione di un animale verrà considerata alla stessa stregua dell'uccisione di un uomo".

Leonardo Da Vinci

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