giovedì 21 gennaio 2016

Lingua Piemontese



Dall'abitudine degli antichi Galli di stuprare la moglie quando la polenta servita per cena non era stata cotta a sufficienza, la lingua piemontese ha appreso i metodi più idonei per stuprare le vocali quando la frase non è corta a sufficienza. Una dolce parola latina come foeniculum in piemontese diventa dunque fnoj, con la "o" che, manco a dirlo, si pronuncia "u". Contrariamente ai cupio fransèis e quebechèis, i piemontesi leggono tutte le schifezze che scrivono. Se i francesi scrivono tre sillabe per leggerne una con il naso e le altre due con il culo, vale come regola generale che i piemontesi scrivono tre sillabe, poi scelgono una e una sola vocale a piacere, eliminano fisicamente tutte le altre vocali e leggono le consonanti rimanenti appoggiandosi a quell'unica vocale, che se è una E, allora dev'essere pronunciata DUVEEEEERTA (aperta). Inoltre dall'abitudine degli antichi Liguri di sbattere le porte in faccia a chi chiede soldi [2], la lingua piemontese ha appreso come sbattere la lingua contro il fondo del palato per cavare fuori tutte le bellissime nuove consonanti che la bocca umana può produrre, a cominciare dalla N faucale. Il piemontese è una lingua parlata su un territorio tutto sommato piccolo, che i suoi locutori si sono ritgliati nel corso dei secoli fra due popoli tendenti ad allargarsi, connotati da una spocchiosa grandeur: gli sclerati francesi de la baguette e gli imbruttiti milanesi della fighetta. Questo particolarismo piemontese, mantenuto con sforzo eroico e piuttosto privo di senso, nel tempo ha permesso ai subalpini di creare un impero basato su bagna càuda, scuole salesiane, Pandini Fiat e dolcetti a base diNutella. I piemontesi fino a metà Novecento parlavano di ingegneria aerospaziale, sociologia e letteratura comparata in piemontese, e usavano l'italiano solo per le barzellette sconcie e le barzellette sui politici italiani. Un bel momento sono stati costretti a sovvertire questo loro buon costume. A partire da metà anni 50 il Piemonte è stato l'obiettivo principale dell'invasione meridionale del Settentrione, per vendicare il gesto infausto di cent'anni prima, operato dai piemontesi , che erano andati a conquistare gli stati terroni per diffondervi la bagna cauda, gli agnolotti e altri traguardi della civiltà. Mentre l'invasione piemontese ebbe risultati deludenti[3], l'invasione meridionale ebbe effetti definitivi sul Piemonte. A metà anni 60 i drigenti piemontesi hanno firmato un armistizio con i meridionali in cui garantivano l'abolizione totale del piemontese, l'introduzione del calabbro e del pugliese come lingue co-ufficiali, la diffusione dell'organetto e del tamburello come nuovi strumenti tipici e la cessione di Torino alle forze d'occupazione. Torino all'epoca fu divisa in zone di occupazione proprio come Berlino: c'era la zona dei siculi, la zona del Gargano e via dicendo. La diaspora dei torinesi ha avuto per meta la profonda provincia e le vallate più inculate. Nel 1989 l'ultimo dirigente Fiat piemontese, Vittorio Ghidella, è stato sostituito da un Nàpoli (pronuncia: nàpuli) chiamato Romiti e la città ora langue nella decadenza e sono tutti disoccupati e parlano tutti italiano, condito di saporitissime "Inchia!", "Cozzìo" e "Coddue" A qualche rappresentante del'antica stirpe autoctona ogni tanto scappa ancora qualche esclamazione in piemontese, magari sul posto di lavoro, (e.g. "Crin-a la piciòira, sa fotocopiatris a va 'mé n'angign spara-", Porca puttana, questa fotocopiatrice funziona come una macchina spara-peti), ma tutti si girano verso di lui e ci gridpètano "Leghista dimmerda, siamo in Italia si parla in italiano". È in occasioni come questa che il sangue piemontese ribolle, in quanto, essendo in Piemonte, egli crede di trovarsi in una sede tutto sommato idonea per parlare piemontese. Tuttavia egli non si scompone e, falso e cortese, sorride e annuisce. Sa che basta andare a Cuneo o ad Asti, che sono quelle zone del Piemonte dove la gente parla come cazzo le pare, senza tutti sti complessi, proprio come nel resto d'Italia. Il piemontese è tutto sommato una lingua unitaria. Pensate che un casalese riesce a farsi capire da un torinese senza difficoltà, cosa che per esempio non accadrebbe tra i coloni liguri o tra gli antipatici cugini lombardi, che per capirsi tra di loro dovrebbero parlare a gesti, un po' come farebbe uno spagnolo con un polacco.

 fonte:Da Nonciclopedia, l'enciclopedia libera

sabato 9 gennaio 2016

Blog perso.

Mi sono girata un attimo, proprio solo un momento e sono passati due anni o forse più.
Il blocco dello scrittore fa ridere la gallina del mio vicino al confronto,
Però è successo, mi sono bloccata e non sono mai più rientrata, poi in questi giorni ho sentito un vociare di versi, insieme alla gallina del mio vicino c'era il pavone di quello che abita nella collina di sopra, la capra di quello di sotto, gli alberi secchi abbattuti dalla motosega di quello di fianco....e così via.
Insomma mi sono ritrovata a recuperare il Blog che avevo perso, come si perdono degli orecchini, buttati in un " Ciapapuer" e che poi, spolverando ritrovi, un po' per caso e un po' perché, alla fine li stavi cercando,
Non è che sia cambiato tanto in fondo, ho solo qualche ruga e qualche capello bianco in più e ovviamente qualche dente in meno.
Ci tengo a precisare che in questo tempo non mi sono fermata a guardarmi indietro, quindi non ho preso nessun palo che mi potesse rompere la testa, sono sempre andata avanti.
Forse scriverò qui del tempo andato, perché alla fine se sono ancora qui, a scrivere, non è poi andato così male.
Un giorno, non mi ricordo quale, ma era di pomeriggio, un amico mi ha scritto: " Il blog serve a te, perché ti ricorda, cosa, come, e perché hai fatto delle cose. Potrà essere il tuo ricordo per altri, scrivi tutti i giorni, anche le minchiate sono accettabili, purché lì ci sia il tuo cuore di tutti i giorni, arrabbiato o meno, fa lo stesso."
Guardo la lista dei blog che seguivo, sono tutti in coma, chissà, forse, come molti, sono migrati.
Chissà, forse, un giorno anche loro, spolverando, ritroveranno quel paio di orecchini che credevano di aver perso, me lo auguro.